Nel 1567 il prelato Paolo Almerico commissionò al Palladio una villa che gli servisse per i suoi momenti di relax, ma soprattutto per suscitare rispetto ed ammirazione tra i suoi concittadini. Vincenzo Scamozzi, alla morte del Palladio, riprese e completò il progetto apportandovi alcune modifiche. Sostanzialmente rispettò l’idea del Palladio che era quella di ricondursi al classicismo romano, ricordando quanto più possibile il tempio classico da cui si ripresero alcuni elementi sacrali quali la cupola ed il pronao. Il luogo scelto e la struttura della villa erano finalizzati alla costruzione di un edificio che fosse un belvedere per spaziare in tutte quattro le direzioni. Ecco perché da un cubo rigorosamente geometrico, che è il corpo centrale, partono quattro identici pronao che sovrastano ed al tempo stesso si fondono con le linee della collina. Scamozzi modificò solo la cupola, rendendola meno slanciata di quella ideata da Palladio e costruì gli edifici agricoli (voluti poi dalla famiglia Capra, a cui gli Almerico vendettero la villa) più in basso e discosti dal progetto palladiano, non deformandone perciò il messaggio. All’interno, nelle quattro sale d’angolo, fastosi caminetti decorati da Ridolfi, affreschi tardo cinquecenteschi del Maganza ed altri successivi ad opera del francese Dorigny. Eccellenti gli stucchi, che rivelano una notevole affinità con quelli della corte di Fontainbleau. La Rotonda è da considerare la villa più notevole del Palladio ed un po’ il simbolo stesso di Villa Veneta. Monumento incluso nella World Heritage List dell’Unesco.
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