La villa venne costruita tra il 1550 e il 1560 per i Foscari con una funzione prevalentemente rappresentativa. Infatti, situata in una posizione suggestiva e facilmente raggiungibile da Venezia, ospitò nel tempo molti personaggi illustri, tra cui Enrico III di Valois re di Polonia e di Francia. Nel secolo scorso è nata una leggenda secondo cui nella villa, allora abbandonata e solitaria, era stata relegata una nobildonna di casa Foscari a scontare in solitudine una vita dissoluta. Da qui il nome “La Malcontenta” non solo alla villa palladiana, ma all’intera località. Altra derivazione possibile di Malcontenta è forse il ricordo di alluvioni rovinose avvenute nel passato. La villa è situata infatti presso un’ansa del canale navigabile alle antiche foci del Brenta.
È dunque la prima villa che si incontra risalendo da Venezia il fiume dove moltissimi nobili veneziani costruirono le loro ville, rendendo così la Riviera del Brenta zona unica al mondo per la concentrazione di meraviglie architettoniche e testimonianze storiche. Poiché era stato progettato sopra un consistente banco di sabbia, il Palladio innalzò l’edificio su una base, dandole così solidità ed accrescendo la maestosità del complesso. Dal Brenta si vede la facciata con le due rampe di scale laterali e con il pronao ionico sorretto dall’alto basamento che rende la villa ben visibile da lontano.
L’edificio è a bugne lisce e diviso in tre ordini da leggeri risalti, tipico esempio della sobrietà palladiana. L’attenta e parca distribuzione delle finestre e delle cornici esalta ancor più la gradualità del bugnato, contribuendo a fare della Malcontenta una delle più affascinanti costruzioni palladiane. Nell’interno si spazia in un ampio salone a crociera illuminato sul lato sud da una grande finestra termale.
La Villa è riccamente decorata da affreschi, iniziati da Battista Franco, sullo stile di Giulio Romano ed, alla sua morte, completati dallo Zelotti. Poi, abbandonata per secoli, subì le offese del tempo e durante il dominio austriaco parte degli affreschi e degli annessi rustici e del muro di cinta furono demoliti. Venne gradualmente restaurata a partire dal 1926 ed oggi è visitabile in tutta la sua bellezza come una delle più belle ville del Palladio. Ancor oggi, la villa è abitata dai discendenti degli antichi committenti del Palladio. Monumento incluso nella World Heritage List dell’Unesco e notificato dallo Stato Italiano come architettura di rilevante interesse storico-artistico.
La fabbrica progettata da Palladio per Nicolò e Alvise Foscari, al ritorno dal suo ultimo viaggio a Roma (1554), è una espressione di straordinaria compiutezza delle sue convinzioni teoriche. È su tre piani, di modo che in essa si viene a realizzare una distinzione fra le attività funzionali (a piano terreno), quelle “nobili” (al primo piano) e quelle di deposito delle derrate agricole (al piano superiore). È simmetrica, di modo che ciascuno dei due committenti possa avere un appartamento autonomo. Ciascun appartamento – parte a parte dell’asse di simmetria – è dotato di tre stanze. Di queste, due stanze (la maggiore e la minore) hanno misure che sono regolate da un medesimo criterio proporzionale; la terza ha una pianta quadrata. I due appartamenti sono disposti a fianco di uno spazio centrale di alta rappresentanza che è d’uso comune per entrambi, secondo la prassi già adottata in altre ville (e comunque in uso da sempre nelle case veneziane).
Entro la fabbrica, lo spazio centrale è a crociera. Questa soluzione architettonica attribuisce a tutta la costruzione il carattere di edificio a pianta centrale.
Questo corpo di fabbrica – una sorta di parallelepipedo – è connotato da un elemento architettonico eccezionale, che viene vigorosamente a marcare la sua immagine esterna (verso la Riviera del Brenta): un portico (nel caso specifico un portico esastilo d’ordine ionico) che riproduce la tipologia di un tempio dell’antichità romana.
E’ la prima volta che una citazione del genere fa la sua apparizione, in vece di una loggia, nella ricca produzione palladiana di case di villa. In questa sua forma esemplare, cioè con colonne anche sul lato del portico, non sarà più ripetuta, perché nessun’altra fabbrica palladiana ha scale esterne che ascendono al portico lateralmente.
Gli ornamenti, che generalmente sono in pietra, qui sono realizzati in cotto. Essi marcano orizzontalmente la facciata principale, si dispiegano, come “fasce”, sui lati della fabbrica e si estendono fino alla sua facciata posteriore, concorrendo a formare una composizione inaspettata.
La finestra che appare sulla facciata posteriore è anch’essa una evocazione di una antica tipologia costruttiva romana (quella delle terme), così come lo sono nella facciata principale l’apparizione del portico e il sistema di scale esterne che salgono a esso.
Questa fabbrica è realizzata – in evidente polemica con la tradizione veneziana – con un sistema strutturale di concezione romana. I solai – sia quello del piano nobile, sia quello del piano ammezzato che sta sopra a quello nobile – sono infatti sostenuti da volte in laterizio che scaricano il loro peso e le loro spinte su murature che sono tanto più spesse mano a mano che si avvicinano al suolo.
Gli affreschi
La fabbrica eretta da Andrea Palladio sulle rive del Brenta è decorata, al piano nobile, da un ciclo pittorico che investe le pareti e i soffitti di tutte le sue stanze. La realizzazione di questo ciclo decorativo prende avvio non appena giunge a compimento il cantiere edilizio e si svolge per fasi successive, con l’intervento di diversi pittori. Battista Franco (1510 ca.-1561) – un artista veneziano la cui formazione si era compiuta a Roma, nel clima culturale stimolato dalla lezione di Michelangelo – inizia a operare qui fra i primi, e però muore lasciando la sua opera incompiuta. Al suo fianco e anche, poi, per continuare la sua opera interviene Battista Zelotti (1526-1578), un partner di Paolo Veronese che si cimenta nella esecuzione del grande ciclo pittorico. Sarà presente anche Bernardino India (1528-1590) che opera nelle stanze più piccole, decorandole a “grottesche”, un sistema figurativo alla moda, in quegli anni, scoperto negli scavi archeologici che si erano svolti nel sottosuolo romano.
La decorazione delle pareti del salone è regolata da una partizione architettonica che è rispettosa della logica compositiva della architettura palladiana. Sopra le porte, sono assise arti e virtù raffigurate come personaggi femminili di particolare bellezza. Anche le grandi lunette che sormontano le pareti della sala centrale, sulle testate delle volte a crociera, riprendono un tema mitologico descritto da Ovidio (quello della venuta sulla terra di Giove e Mercurio che ha il suo momento culminante nel loro incontro con Filemone e Bauci).
Il soffitto invece illustra il mito di Astrea, la vergine divina che aveva voluto rimanere sulla terra quando gli altri dei si erano ritirati nell’Olimpo, e però deve infine ricongiungersi a loro quando, sulla terra, i costumi si corrompono perché il Male prevale sul Bene. Le stanze grandi della casa sono decorate al centro dei loro soffitti con le figurazioni di Prometeo che ruba il fuoco agli dei per portarlo agli uomini (quella di levante) e dell'”Aurora che avanza sul carro trainata dalle Ore” (quella di ponente).
Sulle pareti e sul soffitto della stanza quadra di levante è raffigurata la scena della Caduta dei Giganti (un motivo che Giulio Romano per primo aveva raffigurato in una stanza quadra del Palazzo Te, in Mantova).
La decorazione della stanza quadra di ponente è regolata da una pergola illusoria che regge delle piante di vite, cariche di grappoli d’uva. Nelle campiture di questa pergola sono raffigurate come fossero delle scene che si svolgono all’interno, una scena pagana e un concerto. Sul soffitto appaiono le figure di Bacco e Arianna.
La decorazione delle stanze piccole è ispirata ai temi del Tempo e della Fama, rappresentati come un uomo canuto e come una giovane donna nuda, che suona contemporaneamente due trombe, una d’oro e una d’argento. Nelle piccole lunette che appaiono in questi camerini sono raffigurati paesaggi veneti immaginari. È probabile che le scelte iconografiche di questo ciclo decorativo siano state ispirate – se non addirittura predisposte – da quello dei due committenti di Palladio, Alvise, che per molti anni era stato conservatore della Accademia degli Uniti.
Il Giardino
Nella presentazione della fabbrica da lui progettata per Nicolò e Alvise Foscari “non molto lungi dalle Gambarare”, sulla Riviera del Brenta, Palladio rappresenta una sistemazione degli spazi esterni di grande suggestione.
Nel disegno che pubblica sul suo Trattato, egli prevede infatti che il basamento che sorregge il portico si prolunghi idealmente, a mezzo di due muri di eguale altezza, parte a parte del portico stesso, quasi a formare – nel paesaggio rurale in cui sorge questa costruzione – una estesa basis villae secondo modelli antichi di cui si ha testimonianza letteraria nelle pagine di Plinio.
Questi muri avrebbero però anche concorso a formare due corti (o “giardini segreti”) a fianco della casa: uno a levante e uno a ponente.
Queste corti avrebbero avuto accesso dai due vani maggiori del piano terreno di essa, di modo che, entro questi due ambiti esterni cintati, e quindi protetti, si potessero svolgere quelle funzioni domestiche che si praticavano allo scoperto, cioè all’esterno della casa.
Questa soluzione non fu realizzata (anche perché l’ansa della Riviera su cui sorge questa fabbrica non ne avrebbe consentito, in concreto, la realizzazione). Furono invece realizzati, quasi certamente, dei broli di cui però non è rimasta alcuna testimonianza.
Nel corso degli anni furono poi costruiti attorno alla casa un porticato (a mezzogiorno), una grande foresteria (a levante), un oratorio e una barchessa (a ponente). Una grande piazza prospiciente la Riviera fu poi costruita agli inizi del XVIII secolo poco più a valle di questo solenne complesso dominicale.
Tutti questi edifici (comprese le costruzioni che delimitavano la piazza) sono stati demoliti nel corso del XIX secolo, talché il manufatto palladiano è pervenuto al XX secolo in quell’isolamento che aveva conosciuto al momento della sua costruzione, alla metà del XVI.
La ridefinizione dell’ambito esterno della fabbrica palladiana è stata avviata dunque da Albert Clinton Landsberg (1889 – 1965) al momento stesso dell’acquisto di tale compendio (1924).
La nuova sistemazione è stata progettata da Paul Rodocanachi (1871-1952), amateur di grande cultura e di grande esperienza che già aveva costruito a Neuilly-sur-Seine, quella casa che ora è il museo civico di questo quartiere parigino; e l’aveva dotata di un esteso giardino che si sviluppava sulle rive della Senna.
Sulla base dei disegni di Paul Rodocanachi sono stati dunque realizzati dei percorsi viari – sia automobilistici che pedonali – su tracciati di esemplare semplicità, creando una situazione perfettamente compatibile con l’aura che permea questi spazi.
A fianco della casa sono stati realizzati due ambiti quadrati concepiti per evocare quelle corti che Palladio rappresentava nella illustrazione di questa opera che aveva pubblicato nel Trattato che vede la luce nel 1570.
La struttura mette a disposizione degli ospiti una spiegazione/audioguida nella propria webapp: lamalcontenta.it
Aperta dal 1° di aprile al 31 ottobre:
– giovedì, sabato, domenica dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 17.30
– lunedì, martedì dalle 9.00 alle 12.00
– mercoledì, venerdì dalle 14.30 alle 17.30
Durante i regolari orari di visita, Villa Foscari La Malcontenta accoglie gratuitamente, nel parco circostante la Villa, portatori di handicap motorio, scusandosi di non poterli accogliere al piano nobile per la presenza di barriere architettoniche non superabili
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